La mia piccola medaglia personale

Leggi la storia di Carmen
Eccola chiara e allungata sopra la scapola sinistra: la mia medaglia personale. Tutto è partito da lì. Una semplice ecografia al collo, esame citologico, esame istologico, medicazioni, ma niente di più (pensavo). Poi una chiamata inaspettata dall’ematologia di Varese. Io e mia mamma davanti al primario del reparto. È stata la prima volta che ho aperto quella porta e non si è più richiusa.
“La cartella grazie”. Credo siano state le prime tre parole che mi hanno davvero rivelato la gravità della situazione, perché non serve una cartella a chi non è malato. “Lei ha un linfoma di hodgkin”. Non so neanche di cosa stia parlando, faccio un sospiro di sollievo perché non ho sentito pronunciare la parola che tanto temevo. “Dovrà fare dei cicli di chemioterapia e radioterapia preventiva”. Il mondo intorno inizia a girare, mia mamma sta per esplodere, vedo gli occhi pieni di lacrime. Io devo laurearmi tra poco, voglio essere come tutte le altre ragazze nel loro bel vestito, con i capelli lunghi e la corona d’alloro, voglio le mie foto con i parenti, con gli amici… Mi rifiuto, inizierò le cure dopo la laurea, deciso.
Inizio a pensare a come dirlo a tutti, a come dirlo a me stessa…È davvero dura realizzare che rientri in quella percentuale di persone “malate”, che di lì a poco dovrai sottoporti a prelievi, chemioterapia, radioterapia, quando fino al giorno prima la tua preoccupazione era finire il paragrafo della tesi.
Nonostante tutto riesco a laurearmi e festeggio con gli amici come se si trattasse della più grande festa mai fatta: tutti ridono, mi abbracciano, mi fanno sentire quanto mi sono vicini. È l’ultimo momento felice che ricordo prima dell’inizio.
Di lì a qualche settimana comincia la mia battaglia. Dopo il prelievo del midollo e vari esami di routine, è il momento delle prime chemio, che, devo ammettere, non vanno troppo male. Nonostante le mie vene siano ben nascoste e piccole, va abbastanza liscia, qualche intoppo con vomito e problemi di stomaco ma tutto abbastanza sopportabile. Infermieri davvero simpatici e divertenti, mamma disperata e paziente, amiche che passano a salutarmi appena possono, ragazzo che in pausa pranzo viene da me preoccupato.
Dalla terza chemio iniziano i veri problemi. Le vene delle braccia sono inutilizzabili, quindi devono farmi le flebo sulle mani, i disturbi allo stomaco e la nausea aumentano, tanto che mi sembra di reggermi in piedi solo grazie al riso e alle patate che mi obbligo a mangiare per riempire un po’ la pancia. Il mio ragazzo è sempre più assente, mi chiede una pausa e alla fine rompe definitivamente con me.
Tutto vacilla, la mia forza di volontà, l’affetto di chi ho accanto, sembravo non bastarmi più. Mi butto giù, mangio sempre meno, divento scontrosa e ho, sempre più spesso, attacchi di panico.
Anche in questo caso è mia mamma, la mia vera roccia, a darmi il coraggio di andare avanti. Un giorno, dopo avermi aiutata ad uscire dalla doccia, si accorge di quanto sia dimagrita e vedo nei suoi occhi la paura. Paura di perdermi, paura che mi sia arresa…
Quel suo sguardo mi ha fatto capire che stavo sbagliando tutto. Le mie forze dovevano concentrarsi sulla mia lotta per la vita, non sui sentimenti o sulle persone che non si erano rivelate all’altezza della situazione. Io dovevo vincere combattendo a testa alta e denti stretti.
In pochi mesi ho terminato le chemio, sono persino andata al lago con le mie amiche, ho ricominciato a giocare a pallavolo, ho iniziato lo stage in un museo e ho fatto la radioterapia preventiva.
A distanza di anni posso solo dire che non cambierei nulla della mia vita. Sono diventata una persona forte e felice di tutto ciò che possiede, energica più di prima e amante della vita come non mai. Ho capito cosa voglia dire davvero amicizia, perché ho avuto accanto persone disposte a fare chilometri per me, a organizzarmi incontri capaci di aiutarmi, ad ascoltarmi e accogliere i miei pianti e i miei sbalzi d’umore. Ho trovato il vero significato dell’amore non in un ragazzo ma negli occhi e nei gesti di mia mamma